Il morbo di Basedow, conosciuto anche come morbo di Basedow-Graves-Flaiani, è una malattia autoimmune che coinvolge la ghiandola tiroidea, tipicamente caratterizzata dalla presenza di autoanticorpi circolanti (TRAb) che si legano e stimolano il recettore per il TSH, con conseguente aumento dell'attività della tiroide (ipertiroidismo). Questo quadro si accompagna solitamente ad un aumento delle dimensioni dell'organo (gozzo) e della sua vascolarizzazione. Oltre alla tiroide, possono essere colpiti anche altri organi, portando così, alle manifestazioni extratiroidee del Morbo di Basedow, vale a dire l'oftalmopatia, che si osserva in circa il 50% dei pazienti ed il mixedema pretibiale, molto più raro. Presumibilmente, le manifestazioni extratiroidee del Morbo di Basedow sono dovute all'autoimmunità contro antigeni presenti sia nella tiroide che negli altri organi colpiti. Dal punto di vista clinico, il Morbo di Basedow è caratterizzato dalle manifestazioni della tireotossicosi (tachicardia, agitazione, sudorazione aumentata, tremore alle mani, perdita di peso, alterazioni del flusso mestruale ) e dalle sue caratteristiche extratiroidee che , quando presenti, rendono la diagnosi quasi inconfondibile. In assenza di oftalmopatia, la diagnosi si basa sull'associazione tra ipertiroidismo e gozzo, generalmente confermato dalla presenza di autoanticorpi anti-recettore per il TSH (TRAb). L'ipertiroidismo può essere trattato con farmaci anti-tiroidei. Nei casi in cui la terapia farmacologica non sia più in grado di controllare la malattia, si può ricorrere all'uso di iodio radioattivo o all'intervento chirurgico di tiroidectomia totale. Sebbene la sua esatta eziologia sia ancora oggetto di studio, si ritiene che il Morbo di Basedow derivi da una complessa interazione tra suscettibilità genetica e fattori ambientali.
Con il termine "gozzo" si indica un aumento del volume della ghiandola tiroidea. Il gozzo può essere semplice o multinodulare, in presenza di noduli. Si parla di gozzo multinodulare tossico, in tutti quei casi in cui vi sia un'aumentata produzione di ormoni tiroidei. Non è ancora completamente chiaro il meccanismo che porta alla formazione dei noduli, anche se si sa esattamente che la carenza di iodio, insieme ad alcuni fattori genetici, giocano un ruolo fondamentale. Nella maggior parte dei casi, il gozzo multinodulare non causa sintomi e, frequentemente, viene scoperto casualmente, durante esami di routine, spesso eseguiti per altri motivi. Se il gozzo è abbastanza grande, i pazienti possono avere sintomi compressivi e possono riferire difficoltà a respirare, una sensazione di cibo che si "blocca" in gola o sensazione di "pienezza" nel collo. L'ecografia della tiroide rappresenta la migliore metodica di screening per valutare, sia la dimensione della tiroide, che le caratteristiche dei noduli presenti: numero, dimensioni, presenza di calcificazioni, ecostruttura, forma e vascolarizzazione. In caso di nodulo "sospetto" si può decidere di eseguire un esame citologico mediante agoaspirato sotto guida ecografia (vedi animazione).
La tiroidite di Hashimoto , descritta per la prima volta dal medico giapponese Hakaru Hashimoto (foto a sinistra), è una malattia autoimmune che può condurre progressivamente alla distruzione della ghiandola, con conseguente riduzione della capacità della tiroide di produrre ormoni tiroidei (ipotiroidismo). A volte la tiroidite di Hashimoto non causa alcun sintomo evidente, soprattutto quando il danno alla tiroide è molto lieve e può essere scoperta "casualmente" durante i normali esami di screening. Le manifestazioni cliniche che più frequentemente fanno seguito alla tiroidite di Hashimoto sono rappresentate da stanchezza, aumento di peso, intolleranza al freddo, capelli fragili che tendono a cadere o spezzarsi, secchezza cutanea, ritenzione di liquidi e spesso ipercolesterolemia. Gli esami ematici di funzionalità tiroidea, insieme al dosaggio degli anticorpi anti-TPO e degli anticorpi anti-TG, in presenza di un quadro ecografico suggestivo di tiroidite, di solito permettono di giungere alla diagnosi agevolmente. Il trattamento, è finalizzato al mantenimento dei normali valori degli ormoni tiroidei, ricorrendo, qualora fosse necessario, alla somministrazione dell'ormone tiroideo sintetico (tiroxina). I farmaci non curano la malattia, ma aiutano a mantenere i livelli degli ormoni tiroidei nell'intervallo di normalità.
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